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Anno II - GIUGNO 2005

Europe adieu?

La nuova costituzione europea rischia di diventare una occasione mancata. Il dato che viene dalla Francia e subito dopo dall'Olanda con percentuali alte a favore del no, su cui il voto francese ha sicuramente agito da “traino, avrà delle conseguenze che è oggi difficile valutare, ma che ci costringe a riflettere da subito.Partiamo dalle ragioni del voto francese che non solo per ragioni di vicinanza e di rapporti culturali è per noi più importante.I fattori che hanno portato il 54.87% dei francesi a dire no alla costituzione europea sono diversi, da un lato c'è un elemento culturale tipicamente francese (che è poi quello che ha cavalcato la destra) che vede una opposizione di tipo “sovranista” che nasce dalla paura di perdere un ruolo internazionale e che teme l'omologazione o addirittura la subordinazione ad altri paesi europei, dall'altro (e questo riguarda la maggior parte dei cittadini francesi) c'è il rifiuto del modello eccessivamente liberista intorno a cui sta crescendo “questa unità europea”. Il risultato del voto ha delle ripercussioni interne alla Francia enormi, ha prodotto il cambio del primo ministro ma soprattutto si prospetta una crisi di Chirac e del fronte di governo, tanto da far parlare di “dissolution présidetielle”, di cui la sinistra deve approfittare. Non va, inoltre, trascurato nel risultato elettorale il ruolo dei movimenti antiglobalizzazione da Bovè ad Attac che hanno interpretato la campagna per il no come una lotta al neoliberismo ed alla globalizzazione dei mercati. Cosa avverrà ora sul piano istituzionale non si capisce, tra i burocrati di Bruxelles regna la confusione più totale, probabilmente si tornerà al Trattato di Nizza, certo il processo di unificazione europeo continuerà la sua strada ma sarebbe folle per la sinistra, anche per quella italiana, non approfittare di questa occasione per riaprire il dibattito sui temi europei, chiedendo per esempio di rivedere le procedure di adozione e alcuni contenuti. Una occasione preziosa per chi crede “nell'Europa dei popoli” che riportando il dibattito su grandi temi, quali quelli dei diritti e del lavoro, potrebbe contribuire anche a rivitalizzare un dibattito nazionale che mai è apparso più provinciale e bottegaio come negli ultimi tempi.

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